Dominare tempi inquieti by Isabella Consolati;

Dominare tempi inquieti by Isabella Consolati;

autore:Isabella, Consolati; [Consolati, Isabella ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filosofia, Studi e Ricerche
ISBN: 9788815366160
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2020-08-15T00:00:00+00:00


Come si è visto, la separazione tra dominio e diritto non è pensabile nel mondo della signoria medievale, in cui il problema del fondamento giuridico non riguarda il dominio in generale, ma se la forza in sé legittima era usata da un titolare improprio, un usurpatore o un tiranno o anche in modo improprio. Persino laddove si dà conflitto, esso non è uno scontro tra diritti uguali, tra i quali può decidere solo la forza, ma è lotta per il diritto, per ristabilire o preservare l’ordinamento giuridico comune che sta al di sopra di chi domina e di chi è dominato. Nella storia non muta così semplicemente il rapporto reciproco tra diritto e potere, le modalità e i fondamenti della legittimazione, la funzione dei singoli termini entro una formazione sociale. È piuttosto la struttura a mutare, senza che i termini che la compongano possano essere in qualche modo isolati, definiti e comparati. Dire che il dominio è un caso particolare del potere significa presumere che si possa dare potere senza legittimità. Una volta diventato attributo impersonale e astratto della compagine statale, con l’età moderna viene per la prima volta messo in questione il «dominio in generale e il suo assetto globale»[166].

A partire da questa acquisizione Brunner non nega solo il carattere illegittimo e rivoluzionario dei comuni medievali, ma anche il fatto che la signoria possa essere semplicemente derubricata a dominio tradizionale, considerato che già affermare la legittimità di ciò che è «storicamente divenuto» diventa possibile «solo quando, all’epoca della rivoluzione, l’ordine complessivo fu messo in questione»[167]. Solo con la fase finale dell’assolutismo, con la Rivoluzione francese e l’età napoleonica, diventa infatti comprensibile tanto l’appello alla tradizione[168], quanto la lotta contro «lo Stato inteso come ‘istituzione’»[169] al centro della giuspublicistica tedesca della seconda metà dell’Ottocento. La separazione tra potere e dominio, infatti, è il prodotto di quella specifica oscillazione che caratterizza la scienza giuridica ottocentesca, un’oscillazione che complica il problema del ‘mimetismo’ del dominio affiancandolo a una sua correlata ‘sopravvalutazione’: «nella discussione sullo Stato fra le ultime generazioni si mostra un’oscillazione caratteristica tra una sopravvalutazione di potere e dominio ed un loro accantonamento»[170]. Il riferimento è alla specifica «giustapposizione di un positivismo della legge orientato alla ‘legalità’ e di una dottrina della potenza autofondantesi» che è «caratteristica della situazione tedesca sin dalla metà del diciannovesimo secolo»[171]. Dominio e potenza vengono equiparati e il primo diventa semplice affermazione auto-fondata di forza. A ciò fa seguito la teoria del positivismo giuridico che afferma la coincidenza di diritto, inteso non come ordinamento di giustizia, ma come diritto puramente esistente, e potenza. Di fronte a ciò, «molto presto si pose la questione se dunque una tale legalità formale, basata sulla ‘statuizione positiva’ fosse effettivamente in grado di fondare la legittimità»[172]. La problematica weberiana è dunque ricondotta al problema dello Stato di potenza che Weber avrebbe «agognato» e alla preoccupazione se l’impero tedesco potesse durare anche dopo le dimissioni di Bismarck e dunque di come combinare la legittimità carente del dominio burocratico con una legittimità carismatica che è al centro dei celebri scritti di Weber sulla democrazia plebiscitaria.



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